Novara 11 luglio 2025
L'età e la percezione di esser “anziani” sono concetti che variano nel tempo e tra le culture. Non esiste una definizione univoca e universale, ma generalmente si può parlare di soggetti considerati anziani a partire da una determinata età, che può differire a seconda dei contesti sociali, delle normative nazionali e delle caratteristiche individuali. quando si è considerati anziani dipende da molteplici fattori: età anagrafica, stato di salute, partecipazione sociale e percezione culturale. Più che un numero, l’anzianità può essere interpretata come una fase della vita ricca di opportunità e di nuove prospettive, che il modo in cui viene vissuta dipende molto dall’individuo e dal contesto in cui si trova. In molti paesi, la soglia di età comunemente associata all’essere anziani si colloca intorno ai 65 anni. Questa età deriva storicamente dalle politiche pensionistiche: in molte nazioni, la pensione di vecchiaia è stata tradizionalmente riconosciuta ai cittadini al raggiungimento di questa età. Tuttavia, questa classificazione è sempre più soggetta a discussioni, dato che l’aspettativa di vita è aumentata e la salute delle persone anziane si è notevolmente migliorata. Negli ultimi decenni, il concetto di “anzianità” si è evoluto. Oggi, molte persone oltre i 70 anni sono attive, in buona salute e partecipano attivamente alla vita sociale e lavorativa. Si parla più spesso di “terza età” (fino a circa 75 anni), “quarta età” (oltre i 75 anni) o di “episodi di senescenza” più che di un’etichetta univoca di “anziano”. La percezione di essere anziani è anche soggettiva e culturale. In alcune società, l’età viene vista come un momento di saggezza e rispetto, indipendentemente dal numero di anni. In altre, si tende a percepire l’anzianità come un periodo di declino e di limitazioni. La cultura influenza anche il modo in cui la società si relaziona alle persone più anziane, offrendo loro ruoli e opportunità differenti. La medicina preventiva e il miglioramento delle condizioni di vita stanno contribuendo a un invecchiamento più attivo e positivo. Oggi, diventare “anziani” non equivale più a un momento di passività, ma può rappresentare un’opportunità di crescita personale, volontariato, educazione e nuove esperienze. DP
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![]() Novara 10 luglio 2025 L’Italia, terra ricca di storia, cultura e usanze secolari, custodisce un patrimonio di tradizioni che nel corso dei secoli hanno definito l’identità delle sue comunità. Tuttavia, molte di queste pratiche si sono lentamente affievolite o addirittura estinte nel tempo, vittime dei cambiamenti sociali, della modernizzazione e della globalizzazione. In questo articolo esploreremo alcune delle tradizioni italiane perdute, riflettendo sull’importanza di preservare il patrimonio culturale e su come la memoria delle nostre radici possa arricchire il nostro presente. In molte regioni italiane, particolarmente nelle zone rurali, erano celebrate antiche feste che coinvolgevano tutta la comunità. Un esempio è la festa delle “Luminarie” in alcuni paesi del Sud Italia, dove le processioni e le preghiere si alternavano a rituali legati alla fertilità e al ciclo agricolo. Oggi, molte di queste tradizioni sono scomparse o sono state sostituite da celebrazioni più commerciali o più semplici. Un’altra tradizione ormai perduta riguarda le “sagre” folkloristiche, che univano musica, danza e gastronomia locale in occasioni estive. Questi eventi spesso avevano radici pagane o religiose e contribuivano a rafforzare il senso di comunità, ma sono progressivamente scomparse a causa della diminuzione delle comunità rurali e della centralizzazione urbana. Le lavorazioni artigianali, come la tessitura, la lavorazione del vetro, la ceramica e la produzione di oggetti tradizionali, rappresentano un patrimonio immateriale perduto in molte zone. Ad esempio, le “maschere di cartapesta” usate nelle tradizionali processioni carnevalesche di alcune città sono ormai rare, così come le tecniche di intaglio del legno nelle botteghe di piccoli paesi. Molte ricette tradizionali italiane, frutto di secoli di storia e territorio, sono andate perdute o sono rimaste confinante a pochi anziani custodi della memoria. Piatti antichi, come alcune varianti di pasta fatta in casa o dolci tipici, rischiano di sparire in favore di versioni più moderne o commerciali. La diminuzione delle piccole aziende agricole e delle botteghe di paese ha contribuito alla perdita di autentiche tradizioni gastronomiche. L’Italia è famosa per la pluralità di dialetti e lingue locali, molte delle quali sono state tramandate oralmente per secoli. Tuttavia, con la forte diffusione della lingua italiana e l’abbandono delle tradizioni dialettali tra le nuove generazioni, molte di queste lingue sono a rischio di estinzione. Questo rappresenta una perdita non solo linguistica, ma anche culturale, poiché molte espressioni idiomatiche e modi di pensare sono legati ai dialetti locali. Nonostante tali perdite, molte associazioni, enti pubblici e privati si stanno impegnando per recuperare e valorizzare queste tradizioni. Restauri di eventi, laboratori di artigianato e iniziative di educazione sono strumenti fondamentali per mantenere vivo il patrimonio culturale italiano. DP cause e motivazioni Novara 9 luglio 2025
Il maltrattamento degli animali è un fenomeno che da sempre suscita empatia, tristezza e condanna da parte della società. Nonostante l’indignazione generale, purtroppo ci sono individui che comunque compiono atti di crudeltà nei confronti degli esseri viventi più vulnerabili. Quali sono le motivazioni che spingono certi individui ad accanirsi contro creature indifese? 1. Cause psicologiche e disturbi mentali In alcuni casi, il maltrattamento degli animali è legato a problematiche psicologiche o disturbi della personalità. Individui affetti da tratti narcisistici, sadici o ancora con disturbi antisociali possono manifestare una mancanza di empatia e compiere atti violenti senza rimorso. Questo comportamento può essere una manifestazione di frustrazioni, rabbia o insicurezze interiori, riversate sugli esseri più indifesi. 2. Abuso e traumi dell’infanzia Alcuni studi indicano che le persone che sono state vittime di abuso o traumi durante l’infanzia possono sviluppare comportamenti devianti, tra cui il maltrattamento degli animali. La violenza domestica, la trascuratezza o l’incapacità di gestire emozioni forti possono tradursi in atteggiamenti aggressivi anche verso gli esseri viventi più vulnerabili. 3. Influenza ambientale e sociali L’ambiente in cui si cresce e il contesto culturale di appartenenza giocano un ruolo cruciale. Alcune comunità o ambienti sociali possono tollerare o addirittura incoraggiare comportamenti violenti, anche nei confronti degli animali. L’ignoranza, la mancanza di educazione alla tutela e il desiderio di sfida o di affermazione sono fattori che possono portare a comportamenti crudeli. 4. La ricerca di sensazioni forti o di potere Per alcuni, il maltrattamento degli animali può rappresentare un modo per ottenere sensazioni di potere o di controllo. Questo comportamento può derivare da una sete di adrenalina o da un bisogno di dominare, spesso legato a una mancanza di autocontrollo o a bisogni di affermazione personale. 5. Cultura e tradizioni In alcune culture, certi atti di violenza verso gli animali sono ancora considerati parte di tradizioni o riti ancestrali. Sebbene molte di queste pratiche siano oggi condannate o vietate, in alcune zone persistono pratiche cruente mossi da convinzioni culturali radicate. DP |
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May 2025
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